Un cipresso per Arcobonsai.
Credo che in tutti questi anni non abbia mai acquistato una pianta scegliendola solo dalla foto. Proprio non ci riesco!
Ho bisogno di vederla, toccarla, girarci intorno per innamorarmi e decidere se darle il benvenuto nella mia collezione. Quando nel 2019 un caro amico mise in vendita questo cipresso su un social, la curiosità di “conoscerla meglio” fu tanta.
Dopo poche ore ero già davanti al cipresso che mi conquistò subito da alcuni particolari: Un bel nebari di generose dimensione e la scura corteccia sul tronco, impreziosito dal legno secco già vecchio. La mancanza di movimento era compensata dalla presenza di particolari che avrebbero assicurato una composizione con una notevole sensazione di vetustà. Il tronco dritto ma caratterizzato da un vecchio shari si chiude con alcuni rami di dimensioni accettabili. La vegetazione infine, forte e vigorosa, testimonia la perfetta salute del cipresso.
Di li a poco la pianta era già a casa mia!
Non prendo mai decisioni affrettate e tutte le piante appena arrivate vengono semplicemente coltivate per almeno un anno. Questo cipresso non fa eccezione e quindi se ne starà tranquillo per un pò a crescere e ad ambientarsi. Ogni volta che ci passo davanti gli dedico una rapida occhiata alla ricerca di un suggerimento o di un’ispirazione. Una volta pensai che fosse perfetta per una dimostrazione…magari per il prossimo Arcobonsai!
Non mi stancherò mai di sottolineare l’importanza della programmazione degli interventi e della relativa coltivazione.
Per i primi due anni, in vista della prima lavorazione, l’obiettivo da perseguire è l’innalzamento della vigoria, la crescita e l’infoltimento della vegetazione. E’ in questa fase che bisogna spingere con la concimazione alla ricerca della massima crescita.
Ad Aprile del 2021 il cipresso si presentava folto e estremamente vigoroso.
Uno dei più frequenti problemi della piante raccolte è il terreno di coltivazione, spesso composto da due terricci ben distinti: una zolla centrale composta dal terreno di raccolta (spesso argillosa e compatta), e un nuovo substrato all’esterno (spesso pomice o agriperlite). Essendo i due terreni estremamente diversi tra loro, si creano all’interno del vaso due ambienti completamente diversi:
Un parte centrale che asciuga molto lentamente (che contiene le radici della raccolta) e una parte che invece asciuga molto più velocemente (dove dovranno crescere le nuove radici). Per assicurare la giusta idratazione alle nuove radici si avrà come conseguenza che il terreno argilloso centrale sarà sempre fradicio, dando spesso luogo a malattie fungine con conseguenze negative sull’apparato radicale. Se in vaso di coltivazione questo problema è relativamente controllabile, quando andremo in vaso bonsai questo problema sarà moto più evidente.
La soluzione più adeguata è la totale eliminazione del vecchio terreno di raccolta.
Da anni, per evitare di eliminare questa parte di terra nelle sole operazioni di rinvaso, applico una pulizia che eseguo con un aspirapolvere. Il metodo è semplice e conosciuto: si fa asciugare l’argilla in modo da poterla sbriciolare con un bastoncino, dopodiché si rimuove aspirandola.
Nella zona argillosa non crescono normalmente troppe radici e il fatto che l’argilla sia asciutta contribuisce a non rovinare quelle presenti. Si va avanti in questa operazione fino a che, in parte o totalmente, sia stato rimosso il vecchio terreno di raccolta. A questo punto sarà sufficiente sostituire con il substrato che riteniamo più opportuno.
E’ incredibile la quantità di terreno (e sassi) che è possibile togliere in questa operazione, alleggerendo anche il peso del vaso.
Un’operazione del genere permette di ottenere svariati vantaggi: primo fra tutti la progressiva riduzione della zolla di raccolta e la contestuale sostituzione con terreno nuovo e drenante dove le radici possono crescere. Quello che è interessante è che così facendo non si sottopone a nessun stress la pianta a differenza di un normale rinvaso in cui la manipolazione delle radici rende l’operazione notevolmente più traumatica. È possibile sostituire il terreno anche più volte all’anno. Personalmente preferisco farlo due volte all’anno, a marzo e a settembre quando l’attività radicale è più reattiva, ma potrei affermare tranquillamente che è un’operazione che possiamo svolgere praticamente in ogni periodo.
La pianta a questo punto è pronta per essere lavorata…e come programmato, lo farò in occasione di Arcobonsai 2021, eccezionalmente spostato a settembre dello stesso anno, a causa della pandemia.
Il cipresso, visto dai quattro lati si presenta con una vegetazione forte, ricca e uniforme. Il periodo di settembre è poi un buon momento per la lavorazione di un cipresso dato che è abbastanza lontano (circa un mese e mezzo) dal periodo freddo.
Lo shari naturale ha già una bella tessitura data dalle numerose crepe presenti, segno che il legno è secco da tempo. Accanto c’è una porzione di corteccia, che alzandosi, ci indica una nuova parte di legno secco (più giovane e non fessurato) che durante la lavorazione metterò in evidenza.
C’è poi quella bella porzione di legno secco alla base. E’ Stato forse la cosa che mi ha incomprensibilmente attratto fin da subito. Quando l’ho visto ho pensato alla “scia di una stella cometa”. Ho pensato che avrei dovuto sfruttarlo in tutta la sua lunghezza.
Per questo motivo, ho sempre pensato che la natura di questo cipresso fosse con un portamento fortemente spostato verso destra con alla base la lunga appendice legnosa che fungeva da “coda”.
Nello studio approfondito del cipresso però ho trovato motivazioni per ricredermi da questa sensazione. La posizione dei rami, la struttura del tronco e del nebari, e atri elementi, mi hanno portato a scegliere un progetto più equilibrato e tradizionale.
Credo che nella realizzazione di un bel bonsai tutto sta nel trovare l’equilibro perfetto tra uno studio razionale delle potenzialità e le sensazioni istintive che quella pianta ci da. Se teniamo conto solo delle prime avremo un bonsai forse perfetto ma senza anima. Se teniamo conto solo delle seconde avremo un albero poco credibile.
Ogni bonsaista troverà quel compromesso dando vita al “suo” bonsai. Possono esserci ovviamente più soluzioni diverse senza che nessuna di queste sia sbagliata.
La mia soluzione è testimoniata dal mio progetto.
25 settembre 2021 – Arcobonsai: Concorso Istruttori a confronto
Eccoci finalmente arrivati all’appuntamento.
La squadra, oltre al sottoscritto è composta ormai da amici che mi accompagnano e mi supportano (anche sopportano!!) da anni : Giacomo e Gimmi.
C’è poi un’altra persona che non appare mai nelle foto ma che non ci ha mai fatto mancare il suo supporto durante tutta la durata di ogni dimostrazione! Grazie Rossana!!
Ci dividiamo subito i lavori: a Giacomo tocca scoprire e allargare lo shari naturale rimuovendo la corteccia secca con sgorbie e attrezzi da taglio, mentre Gimmi si occupa della protezione con iuta e gomma dei rami da piegare.
Nel lavoro ci deve essere organizzazione e consapevolezza ovvero programmare i lavori (anche dal punto di vista temporale) in modo da lavorare senza ostacolarsi a vicenda e sapendo esattamente cosa fare.
Ecco che mentre gli altri sono impegnati nei loro compiti io mi concentro sulla riduzione della grossa porzione di legno secco alla base, utilizzando scalpelli e fessuratrice.
Per rifinire il legno si utilizza un cannello per bruciare e rendere levigata la superficie lavorata.
Una volta finite queste lavorazioni, ci dedichiamo tutti alla filatura di tutti i rami, un’operazione che dura qualche ora. È ovviamente la parte più noiosa per noi e per chi guarda.
Si pensa sempre che la modellatura sia un’operazione veloce, ma non è così! Siamo davanti a un gran puzzle dove ogni tassello va messo nella giusta posizione. Avere in testa il disegno da realizzare e essere veloci nel posizionamento, possono aiutare ma ci vuole comunque del tempo.
Si inizia dai rami bassi. Man mano che i rami trovano posizione, Gimmi e Giacomo mi aiutano nella rifinitura: la filatura di rametti periferiche e la pulizia dei profili.
Via via che la pianta prende forma è bello confrontarsi con i compagni, che possono notare qualcosa che è sfuggito.
Nella modellatura l’obiettivo principale è quello della creazione della masse vegetative (i palchi). Nel fare questo è importante che la vegetazione sia correttamente esposta alla luce e all’aria. Ecco che modellare non significa dare semplicemente la forma, ma anche di creare i presupposti per una corretta crescita della nuova vegetazione.
Esigenze estetiche e funzionali si fondono quindi insieme.
C’è un momento nella realizzazione di un bonsai che è determinante riconoscere: il momento di fermarsi. A un certo punto ci accorgiamo che qualunque modifica apportiamo il risultato non migliora; quello è il momento di dichiarare concluso il lavoro, semplicemente perché quello che eravamo in grado di fare, lo abbiamo fatto.
Un ultimo sguardo da lontano, una bella pulita del tavolo da lavoro e siamo pronti per la foto finale!
Sono sempre molto critico sui miei lavori, ma devo dire che in questa lavorazione il risultato finale ha superato anche il progetto.
Il cipresso visto da tutti i lati mostra una buona conicità e una chioma che veste a 360 gradi tutto il tronco.
La legna secca alla base ha preso conicità e perso quella forma tubolare, armonizzandosi meglio con il nebari.
La vegetazione è proporzionata al tronco senza risultare né troppo piena né troppo vuota.
La chioma ha inoltre profili e spaziature sufficientemente asimmetriche e l’apice chiude abbastanza bene per una prima lavorazione.
Nella modellatura si posizionano i rami a ventaglio con le punte che tendono verso l’alto. Viene poi eliminata tutta la vegetazione che cresce verso il basso.
La lavorazione di questo cipresso si è aggiudicato il 19° trofeo Arcobonsai per Istruttori.
A tal proposito, vorrei ringraziare Gimmi, Giacomo, e tutti i miei colleghi istruttori e condividere con loro questo bel riconoscimento.
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